15 Novembre
Otto Barolo in degustazione a TrentoPartecipare a una degustazione con Franco Ziliani, per chi (come me) lo conosce e lo apprezza per i graffianti articoli del suo blog Vino al Vino, è vero un piacere. Se l’argomento della serata è il Barolo, l’interesse è anche maggiore. Più di ottanta sommelier delle delegazioni AIS Trentino hanno partecipato alla serata programmata venerdì 12 novembre a Trento, a Palazzo Trautmannsdorf.
Il Barolo per il palato trentino è un vino spiazzante, abituati come siamo al fruttato ed ai tannini delicati dei nostri vini rossi come il Marzemino, il Teroldego o il Lagrein. Come ha detto Ziliani nell’interessante introduzione, sono il tannino, l’acidità e le componenti minerali-terrose più della componente fruttata a caratterizzare i vini ottenuti dal nebbiolo.
Otto vini, dicevo, di otto produttori che al di fuori della ristretta cerchia degli enofili sono (quasi) dei perfetti sconosciuti. In realtà sono alcuni dei nomi più rappresentativi del Barolo “tradizionalista” (Burlotto, Brezza, Cavallotto, Fenocchio, Giuseppe Mascarello) e quelli che con il sorriso potrei definire “medio-modernisti-sulla-via-della-redenzione” (Massolino, Elio Grasso, Gagliasso) per il loro più o meno recente ritorno a vinificazioni e affinamenti più tradizionali.
Queste le impressioni degli otto Barolo assaggiati, tutti del 2006 tranne Mascarello che veniva proposto in versione 2004.
2006 Burlotto Barolo Acclivi. Il più facile del gruppo, con lampone e viola a dominare il lato umorale di radici e terra. Fresco, con un tannino fitto ma fine. Un Barolo che a tavola, anche ora così giovane, metterebbe d’accordo la maggior parte dei commensali.
2006 Gagliasso Barolo Torriglione. Come si diceva un redento che dall’annata 2005 è tornato ad affinare in botte grande il suo vino. Meno denso del precedente e dei sei successivi, il naso dolce e mentolato era disturbato da leggere tostature. Tannino un po’ ruvido. Chissà se ha tagliato con la motosega le barrique come aveva fatto Elio Altare…
2006 Cavallotto Barolo Bricco Boschis. Inizia con un bellissimo naso minerale, con note di cenere, polvere di cacao, terra, lampone e fiori appassiti. In bocca è vellutato, caldo, con acidità viva che rende il vino “leggero”. Con il passare dei minuti il naso vira su toni piccanti, salmastri ed escono dal calice profumi di spezie, paprika, e goulash in cottura, quasi volesse omaggiare la cucina trentina.
2006 Brezza Bricco Sarmassa. Il vino più maschio della serata. Dal colore intenso, luminoso, alla prima “snasata” parte potente con un goloso Mon Chéri che poi vira su cioccolato, cacao, radici e terra. Il palato è rigido, aggressivo, imponente con una silhoutte alleggerita dall’acidità.
2006 Fenocchio Barolo Bussia. Ziliani faceva notare le note tipiche di “Monforte”: liquirizia nera, sottobosco, prugna secca, cuoio e tabacco. Al palato si mostra ricco, pieno, con tannini fitti e molto fini. Probabilmente il “best buy” della serata.
2006 Elio Grasso Ginestra Vigna Casa Maté. Scuro, intenso, di grande densità. Come Brezza anche questo un Barolo molto “macho” seppure più elegante. Balsamico, cuoio, tabacco, terroso, prugna, cacao, l’ingresso è dolce, ampio e di lunga persistenza.
2006 Massolino Barolo Serralunga. Si è fatto notare per la morbidezza. Liquirizia, pepe nero e un fondo di legno dolce, zucchero vanigliato e prugna segnano il vino più dei tannini duri che ci si aspetterebbe da un vino di Serralunga d’Alba e che qui non si trovano. Strizza l’occhio ai consumatori sussurrando “bevetemi ora”.
2004 Giuseppe Mascarello Monprivato. Doveva essere il vino che ti ripagava del viaggio e lo è stato. Rubino brillante e di media intensità nel calice, ci dicono che nelle vigne si trova ancora del nebbiolo della varietà rosé. Cenere, camino, un non so ché di agrumato, china, lampone, ribes rosso, floreale, inchiostro. Al palato sorprende per la dolcezza, la setosità, il tannino vellutato. Da bere in modo irresponsabile tanto è buono.